Il percorso e la meta

Tra le sei tappe del “Cammino dei Santuari”, si colloca l’escursione verso il Santuario di Picciano, coordinata dal presidente del Centro di cultura teatrale – Skenè, Lello Chiacchio. E’ un percorso, contraddistinto da cultura e spiritualità, durante il quale attori e iscritti all’escursione potranno esprimere considerazioni in merito alla natura del paesaggio e al relativo significato spirituale e culturale, anche citando alcuni passi poetici, letterari e biblici.

La meta del percorso è il Santuario di Picciano, collocato sull’omonimo colle a circa 440 metri sul livello del mare. La rigogliosa vegetazione, che ne fa da padrona, si estende fino alla frazione di Matera, Picciano A, situata a valle della collina.

 

La storia del Santuario di Picciano

Reperti storici documentano che il primo stanziamento monastico è stato rilevato attorno al XII-XIII secolo in una grotta, lungo il torrente Gravina, denominata “Grottolino”. Solo in seguito i monaci si trasferirono nella chiesa situata sul colle, in una posizione strategica dal punto di vista territoriale. Nel 1219 l’abate Guglielmo, del monastero Santa Maria di Picciano, confermò la presenza di una comunità monastica all’interno di un documento firmato da lui stesso.

Fonti del Vaticano riportano che verso la metà del 1300, ai monaci benedettini subentrarono i Gerosolimitani, poi Cavalieri di Malta, i quali vi costituirono una Commenda. L’aneddoto interessante riguarda il Commendatore Gian Girolamo Carafa che fece riprodurre, a fine ‘500, una copia della venerata effige della Madonna di Picciano. Durante la propria vita, Carafa la portò sempre con sé e alla sua morte fu disposta nella concattedrale de La Valletta, dove ancora oggi è venerata col nome di Madonna di Caraffa.

La Commenda durò fino ai primi dell’800 e seguì una lunga fase di abbandono, fin quando la Congregazione Olivetana , nel 1962, firmò con l’Arcidiocesi di Matera una convenzione. L’accordo prevedeva la cessione, in forma canonica, del Santuario e degli annessi locali con l’impegno, da parte dei monaci Olivetani, della formazione di una comunità per l’assistenza al Santuario.

Dal 1966, dopo la riqualificazione del mostero, i monaci benedettini olivetani officiano celebrazioni liturgiche, promuovono ritiri spirituali, esperienze di vita monastica, accoglienza dei pellegrini e campi scuola.