“Dall’amore nessuno fugge”

“Dall’amore nessuno fugge” è il titolo della mostra fotografica che illustra un metodo innovativo e alternativo di recupero dei detenuti, progettato e applicato dall’Associazione di protezione e assistenza condannati (Apac) in Brasile. Il Paese sud-americano, attanagliato dall’alto tasso di delinquenza e violenza, cerca, tramite questa iniziativa, di fuoriuscire dal problema estremamente complesso  e particolarmente sentito del sovraffollamento delle carceri.

Di guardia, nelle celle Apac, non si rintracciano poliziotti e agenti penitenziari. Sono i detenuti – aiutati dai volontari e dal personale amministrativo – che impiegano il loro tempo nella pulizia delle celle, si dedicano alla sicurezza e all’organizzazione della struttura. Non solo, gli stessi vengono accompagnati all’elaborazione del crimine commesso e, dopo una ricerca delle professioni richieste sul territorio, si propone un corso di formazione specifico per l’inserimento nel mondo del lavoro.

 

L’Associazione di protezione e assistenza condannati (Apac)

Diverse sono le testimonianze di percorsi di recupero riusciti. Paulo Antônio de Carvalho, da circa 30 anni giudice di Itaúna, ha raccontato un episodio eloquente, illustrato tra i pannelli della mostra: “Ho conosciuto un carcerato dell’Apac di Itaúna, Josè, condannato ad una pena di quarant’anni. Era giovane, molto forte ed era sempre riuscito ad evadere dalle prigioni in cui era stato recluso. Ma nei primi anni che trascorse nell’Apac, non tentò mai la fuga. Un giornalista gli chiese del perché non fosse mai scappato dal centro, lui rispose: ‘Perché nessuno fugge dall’amore’. Una delle risposte più emblematiche che abbia mai sentito”.

Negli anni ‘70 un gruppo di volontari cristiani, guidati dall’avvocato Mario Ottoboni, diede vita ad una prima Apac, chiamata Amando o Próximo Amarás a Cristo (Amando il Prossimo Amerai Cristo). Successivamente, nel 1974, i volontari fondarono l’Associazione di protezione e assistenza ai condannati, Apac, cercando di entrare nel tessuto sociale del Paese. In quest’ottica si registrò un passo decisivo, la richiesta che un giudice fece all’associazione: quella di gestire un padiglione di detenuti prima nel carcere di Humaita (São José dos Campos), poi in quello di Itaúna, a Minas Gerais.

Infatti, da allora, l’Apac è riconosciuto a livello legale nello Stato brasiliano e molte carceri stanno adottando, anche se in forma parziale, lo stesso metodo di recupero. Come organo ausiliare del potere giudiziario, l’associazione ha ottenuto l’autorizzazione dei giudici di amministrare numerose carceri in modo autonomo. I centri di reintegrazione Apac si adeguano in toto al sistema legale vigente in Brasile e rientrano nel sistema penitenziario brasiliano. Perciò l’associazione sigla accordi con l’organo esecutivo statale di giustizia, in tal modo i giudici possono indirizzare i detenuti nei centri.